Uno studio che rivela la storia evolutiva di difesa dal sonar dei pipistrelli della famiglia delle Sphingidae.
Nei 65-milioni di anni, nella “corsa agli armamenti” tra pipistrelli e falene, alcune specie di falena hanno trovato un sistema ingegnoso per difendersi.
Il disturbo sonar da parte di alcune falene al fine di bloccare l’attacco dei pipistrelli è conosciuto da alcuni anni, ma fino ad ora il funzionamento e l’evoluzione di tale capacità era rimasta un mistero.
Uno studio dei ricercatori dell’Università della Florida e della Boise State Universit, pubblicato negli Atti della National Academy of Sciences , sta incominciando a dare risposte a questi quesiti.
Il ricercatore Akito Kawahara con i suoi collaboratori, ha perlustrato giungle e foreste del Borneo.
Hanno raccolto i campioni in 70 siti in 32 paesi e hanno condotto esperimenti sul campo di ecolocalizzazione, ed esperimenti di laboratorio che hanno utilizzano più di 700 esemplari.

La produzione di ultrasuoni
Dopo aver testato la risposta di 124 specie di Sphingidae, i ricercatori hanno scoperto che quasi la metà dei suoni e degli ultrasuoni generati proveniva dai loro organi genitali.
In particolare gli ultrasuoni “inceppavano” la chiamata sonar dei pipistrelli.
I ricercatori hanno anche costruito un albero evolutivo per hawkmoths basato su reperti fossili, il quale ha rivelato che i primi Sphingidae ad emettere ultrasuoni sono sorti nel periodo tardo Oligocene circa 26 milioni di anni fa.
L’albero evolutivo dimostra che il disturbo del sonar e la capacità di ascoltare le chiamate di attacco del pipistrello si sono evolute due volte durante il Miocene.
La loro capacità di produrre ultrasuoni è sorta subito dopo l’origine delle falene tigre, falene appartenenti alla famiglia delle Erebidae.
Questo falene erano in origine considerate, l’unico gruppo importante ad utilizzare il sonar contro pipistrelli.

Le falene tigre attuali ( in particolare la Bertholdia trigona) producono ultrasuoni utilizzando una membrana vibrante situata sul torace, piuttosto che i genitali.
“Prima d’ora la gente pensava che l’utilizzo di ultrasuoni negli insetti fosse limitata a determinati gruppi, ma sembra molto più diffuso e complesso di quello fino ad ora conosciuto”, ha detto Kawahara.
Lo studio ha lo scopo di comprendere meglio la biodiversità notturna e migliorare gli usi umani delle sonar.
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Al prossimo articolo.
Farfalle e falene della pianura Friulano-Veneta
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