Due ricercatori dell’ Università di Adelaide, in Australia, sono riusciti a scoprire i dettagli del comportamento e del metabolismo di questo singolare ragno,
Chi non conosce il ragno palombaro? Per chi già non lo sapesse il suo nome scientifico è Argyroneta aquatica.
Esso ha una particolarità, quella di costruire un rete sott’acqua ancorandola alla parte immersa delle piante.
Poi grazie ai peli del corpo imprigiona una bolla d’aria e la trasporta al di sotto della rete imprigionandola creandosi una personale “campana d’immersione”.
Ma l’articolo odierno, tratto da “Le scienze” vuole proporvi uno studio sul ragno palombaro.
L’articolo
Ora due ricercatori dell’ Università di Adelaide, in Australia, sono riusciti a scoprire i dettagli del comportamento e del metabolismo di questo singolare ragno, che hanno descritto in un articolo pubblicato sul Journal of Experimental Biology.
Attraverso una serie di misurazioni dell’ossigeno presente nella bolla e nell’acqua circostante, i ricercatori hanno calcolato la quantità dell’elemento che fluisce nella bolla e quindi il consumo di ossigeno del ragno, scoprendo che la campana riusciva a estrarre ossigeno dall’acqua più stagnante anche nelle giornate più calde.
Il metabolismo del ragno è comunque molto basso, paragonabile a quello dei ragni terrestri quando sono fermi in attesa dell’arrivo di una preda.

Con il tempo tuttavia la bolla si restringe in quanto l’azoto presente diffonde nell’acqua circostante e ciò alla fine costringe il ragno a tornare in superficie a rifornire la sua campana di immersione.
“La letteratura precedente ipotizzava che dovesse venire in superficie all’incirca ogni 20 minuti”, osservano i ricercatori.
In realtà, come hanno scoperto, il ragno può restare tranquillamente sott’acqua per più di un giorno.
“Per questi ragni restare immersi è vantaggioso non solo per proteggersi dalla predazione, ma anche per non allarmare con questa manovra le potenziali prede che si avvicinano.” (gg).
Fonte primaria: Journal of Experimental Biology
Al prossimo articolo.
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