Uno degli effetti “positivi” del riscaldamento globale, infatti potrebbe ridurre il problema rappresentato dalle Locusta migratoria manilensis.
La Locusta migratoria manilensis (sottospecie della L. migratoria) è diffusa in tutta l’Asia, l’Africa, l’Australia e Nuova Zelanda, causando potenzialmente gravi danni alle colture alimentari.
Le locuste infatti possono cambiare sia morfologicamente che nell’atteggiamento comportamentale quando la loro densità aumenta entrando nella cosiddetta fase “gregaria” in cui moltissimi esemplari si uniscono in sciami densi e devastanti.
Per oltre 1000 anni, i funzionari cinesi hanno registrato i numeri relativi alla migrazione annuale di questa locusta , con l’obiettivo finale di prevederne futuri focolai .
Nils Stenseth dell’Università di Oslo afferma che : “I risultati implicano risposte ecologiche differenziali di interdecadale e variabilità climatica interannuale.
Tali effetti dipendenti dalla frequenza meritano una maggiore attenzione negli studi del riscaldamento globale”.
Più semplicemente dall’analisi di questi dati è emerso che se si considerano singoli anni, una temperatura superiore alla norma favorisce la proliferazione delle locuste.
Se tuttavia il periodo di caldo elevato persiste per almeno un decennio, il numero di locuste crolla.
La conferma che temperatura e umidità sono fattori chiave che influenzano la biologia della Locusta migratoria manilensis.
Secondo Stenseth, il riscaldamento globale potrebbe quindi contribuire a ridurre il problema rappresentato dalle locuste nelle pianure dell’Asia centro-orientale, ma solo se la struttura delle precipitazioni somiglierà a quella che ha potuto rilevare nelle serie storiche.
Fonte in lingua inglese: Link
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